un’ idea da copiare

E’ nato in veneto un coordinamento di 124 associazioni, comitati e gruppi di cittadinanza che si è attivato per contrastare il piano di cementificazione del territorio.

Un coordianemento che cercherà di diventare una forza in grado di contare di più delle singole componenti e che per cominciare ha sottoscritto una bellissima carta di principi: i “Diritti del Territorio“.  Una carta di cui vi propongo qualche estratto: perchè si tratta di una carta di cui anche noi Finalesi e noi Liguri avremmo bisogno.

 

CARTA DEI DIRITTI DEL TERRITORIO

PREAMBOLO

La terra
Chiamiamo terra il territorio vergine, dominato dalla natura. Abbiamo consapevolezza del valore della terra non urbanizzata, non coperta da cemento e asfalto, lasciata libera allo svolgimento del ciclo naturale. La terra, come componente naturale del pianeta, è un bene. La sua struttura fisica è una risorsa essenziale, ed essenziali sono le azioni che su di essa compiono le forme elementari della fauna e della flora. Occorre conoscere, amare, rispettare la terra in quanto tale. A partire dall’oscuro lavorìo che compiono i lombrichi e gli organismi primordiali che la lavorano, digeriscono, rendendola porosa, permeabile, suscettibile di ospitare e nutrire i germi della vita vegetale.

Le esigenze della società possono richiedere che qualche ulteriore pezzo di terra venga occupato dalla città: ma occorre dimostrare inoppugnabilmente che quella esigenza non può essere soddisfatta altrimenti. E bisogna sentire comunque questa scelta come una perdita, che è stato necessario subire ma che ci si deve proporre di risarcire, restituendo alla natura qualche altro frammento di suolo che non è più necessario all’urbanizzazione.

Il territorio
Il territorio è qualcosa di più che la terra. Il territorio è il prodotto della storia (del lavoro e della cultura degli uomini) e della natura Le civiltà umane hanno aggiunto qualità alla natura, ma non sempre, e non tutte. A volte, per accrescere la qualità nuova, hanno distrutto qualità preesistenti.
Spesso le perdite sono irreversibili: non possiamo ripristinare quello che c’era e oggi non c’è più, ma possiamo imparare a comportarci in modo diverso da quei nostri avi (e dai quei contemporanei) che hanno distrutto invece di proseguire il lavoro dei loro predecessori.


Anche le qualità prodotte dalla storia dobbiamo conoscerle, amarle, rispettarle. Non solo ci rivelano spesso bellezza e saggezza, ma ci raccontano la storia, la nostra storia, la storia della civiltà che è parte di noi. Senza conoscenza della storia può esistere il presente, ma non può esistere un futuro migliore Dobbiamo conoscere, amare e rispettare tutte le qualità presenti nel territorio. Nelle loro parti, e nel sistema che costituiscono nel loro insieme.

Sistema
Il territorio non è un semplice magazzino, un supporto o un giacimento di materiale inerte. Gli elementi che lo costituiscono hanno ordine tra loro, sono connessi in modo che una modifica in un punto, un’azione su uno di essi, modifica tutte gli altri.
Estrarre ghiaia e sabbia dall’alveo di un fiume riduce la quantità di materia inerte che arriva al mare, quindi favorisce l’erosione dei litorali. Irrorare con prodotti velenosi un’area permeabile rende pericolosa l’acqua in tutto il bacino alimentato dalla sottostante falda acquifera. Rendere artificiali le sponde di un tratto di fiume ne aumenta la velocità e la portata, e può provocare inondazioni e distruzioni a valle.

Non parliamo poi delle trasformazioni provocate dalla cattiva urbanistica. Aprire un supermercato alla periferia della città provoca un grande aumento del traffico, quindi richiede la formazione di nuove strade, parcheggi ecc; al tempo stesso, stimola l’apertura di altri negozi, servizi e funzioni che guadagnano dalla presenza di numerosi passanti. Allargare una strada e rendere più fluido il traffico in una parte della città provoca un afflusso di automobili generalmente maggiore dell’aumento della capacità della rete stradale che si è manifestato, e quindi richiede nuovi interventi che a loro volta generano maggior traffico.

La pianificazione
Se il territorio è un sistema, anche le azioni che lo trasformano devono essere viste in modo sistemico. L’uso del territorio e le sue trasformazioni devono essere governate nel loro insieme. Il metodo che è stato inventato quando si è compreso che il territorio doveva essere governato è la pianificazione (territoriale e urbana). Essa è quel metodo, e quell’insieme di strumenti, capaci di garantire – in funzione di determinati obiettivi – coerenza, nello spazio e nel tempo, alle trasformazioni territoriali, ragionevole flessibilità alle scelte che tali trasformazioni determinano o condizionano, trasparenza del processo di formazione delle scelte e delle loro motivazioni.

L’oggetto della pianificazione è costituito dalle trasformazioni, sia fisiche che funzionali, che sono suscettibili, singolarmente o nel loro insieme, di provocare o indurre modificazioni significative nell’assetto dell’ambito territoriale considerato, e di essere promosse, condizionate o controllate dai soggetti titolari della pianificazione. Dove per trasformazioni fisiche si intendono quelle che comunque modifichino la struttura o la forma del territorio o di parti significative di esso, e per trasformazioni funzionali quelle che modifichino gli usi cui le singole porzioni del territorio sono adibite e le relazioni che le connettono.

I conflitti
Il territorio è un patrimonio; è un insieme di risorse; è un sistema. Esso è anche l’ambiente nel quale si svolge la vita dell’uomo. Man mano che l’umanità si è sviluppata (in tutti i sensi in cui questo termine può essere adoperato) è diventata sempre più complessa la rete delle relazioni che legano gli uomini tra loro, che costituiscono la società. Il territorio non è più l’habitat del singolo uomo, ma è divenuto l’habitat della società. Le trasformazioni indotte da ogni singolo individuo umano si sommano tra loro e modificano l’intero sistema. Le esigenze di ciascuno non possono essere soddisfatte se non affrontando (e soddisfacendo) le esigenze di tutti. Il territorio è un patrimonio che deve essere utilizzato nell’interesse di tutti.

Ma il territorio, e le risorse che in esso sono depositate, possono essere utilizzati in modi diversi, possono servire interessi diversi. Il territorio è perciò anche il luogo dei conflitti tra diversi gruppi sociali.

La pianificazione è anche il metodo attraverso i quali i conflitti possono venire regolati in modo non distruttivo. Di conseguenza la pianificazione non può essere governata da individui o gruppi che esprimano interessi di una parte sola della società: deve essere governate dalle istituzioni e dalle procedure mediante le quali si manifesta la sovranità della società nel suo insieme. La pianificazione deve essere lo strumento di un potere pubblico democratico, basato sulla partecipazione dei cittadini consapevoli.

Le regole
PoichÈ il territorio è soggetto alle azioni di una pluralità di attori, la pianificazione deve esprimersi mediante un insieme di regole, che costituiscono al tempo stesso i limiti e le opportunità per le azioni che ciascuno ha la capacità e il potere di esercitare. Le regole devono valere per tutti: in tal senso devono essere eque. Ma esse non sono nÈ oggettive nÈ neutrali. Nella situazione presente (ma in qualche misura in tutte le situazioni) esse premiano alcuni interessi, ne penalizzano altri. È essenziale che sia chiaro a tutti (che sia trasparente) chi dalle regole della pianificazione urbanistica è premiato e chi è colpito.

Nella concreta situazione italiana il conflitto dominante è tra due gruppi di soggetti: (1) quelli interessati alla valorizzazione economica della propria proprietà, cioè quelli che utilizzano ilterritorio come una macchina per accrescere la loro ricchezza personale; (2) quelli interessati a veder soddisfatte le loro esigenze di cittadini: tutela dei beni comuni territoriali (paesaggio, risorse, energia) per sÈ e per i posteri; accesso a un’abitazione a prezzo ragionevole in una città equa; disponibilità di spazi e servizi pubblici efficaci e comodi; assenza di rischi e di bruttezze; possibilità di godere delle diverse qualità del patrimonio comune.

In una società come quella italiana il primo gruppo di interessi è indubbiamente il più forte. Di esso non fanno parte solo quelli che dispongono di ingenti ricchezze, ma anche gran parte dei piccolo proprietari che non vedono la contraddizione tra i due interessi. È comunque il primo gruppo d’interessi quello che domina il processo delle decisioni, che conosce gli strumenti mediante i quali si formano e trasformano le regole. È perciò necessaria una funzione politica e didattica: chi sappia rendere partecipi tutti dei modi in cui le scelte sul territorio modificano le  condizioni di vita di tutti, degli interessi in gioco, delle alternative possibili, degli strumenti impiegabili per raggiungere gli obiettivi desiderati.

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