Riflessione sul razzismo

By 17 Maggio 2009 Italia No Comments

vi propongo una riflessione dichiaratamente di parte sul razzismo, con il desiderio di far partire un dibattito su quest’ argomento.

 di Marco Sferini

 

Benvenuti a Savona, città di mare, antica rivale della Superba nei commerci e nelle relazioni internazionali durante i secoli bui del Medio Evo. Benvenuti in una provincia tranquilla, dove nel capoluogo di provincia persino il questore afferma di terminare il suo mandato lasciando una città di quasi sessantamila abitanti dove accade un delitto ogni molti anni, dove ci sono i classici piccoli reati: scippi, furtarelli e poco più.

Un piccolo paradiso terrestre? Certamente no, le deficienze infrastrutturali sono tante, i servizi sono sempre meno adeguati ai bisogni dei cittadini, ma si sa, tutto questo avviene per ricaduta nazionale, per l’esercizio di un esecutivo che taglia i fondi e che impedisce ai comuni di impiegare le risorse per ammodernare impianti sportivi, giardini pubblici, luoghi di aggregazione e via dicendo.
Nella provincia tranquilla di Savona, una porzioni di quella Liguria che tocca mondi diversi come la vicina Francia con Montecarlo e la Toscana, il Piemonte alle sue spalle e davanti a sé la verdeggiante Corsica, ebbene in questa provincia tranquilla il leghismo xenofobo non è assente, ma in qualche modo vive di rendita nazionale. Le risorse questa incultura neofascista le trova proprio nelle emergenze sociali che artatamente vengono create per distogliere lo sguardo dalle problematiche di natura economica che impediscono di sbarcare il lunario e fare in modo, così, di considerare l’impegno governativo sempre pronto, celere e deciso ad intervenire per salvare gli autoctoni dalle invasioni barbariche di nuova generazione, da quei barconi carichi di disperati che approdano sulle coste italiane e ben presto si accorgono che il tempestoso viaggio della speranza si chiude in un lager chiamato Cie e con scritte sopra le parole di Maroni e Berlusconi: “Non vogliamo un Italia multietnica”. Non stupitevi di queste parole, ma forse un atto rivoluzionario lo potete, lo possiamo ancora fare: indignarci per quello che rappresentano al di fuori degli orifizi da cui provengono. Le parole come pietre, come moderna lapidazione del diverso da noi, di colui del quale non comprendiamo le ragioni culturali, sociali e al quale finiamo per non riconoscere alcun diritto fino a considerarlo un rifiuto della terra, un uomo di secondo ordine, quasi una degenerazione biologica dovuta a chissà quale fenomeno lombrosiano.

Ma la moderna incultura leghista di oggi proprio questo dice, proprio questo scrive sui suoi manifesti. Anche a Savona, dove le percentuali del Carroccio sono sempre state molto basse e dove ai comizi dei leghisti erano al massimo presenti una ventina di persone ad urlare “Padania libera, via da Roma”. Col risultato che a Roma hanno il ministro dell’Interno, tra gli altri, molti sottosegretari e discrete pattuglie di deputati e senatori. Via da Roma, ma Roma intanto serve. Il leghismo savonese nasce con quella Lega Nord che annoverava tra i suoi padri fondatori Bruno Ravera a Genova, Maurizio Balocchi – che diventerà parlamentare – e Sergio Capelli – che diventerà senatore come Bossi. Ora le generazioni sono passate: Ravera non urla più dagli schermi di TeleGenova e Capelli ha dato vita a liste civiche locali di impegno politico extrapartitico che cavalcano la protesta popolare su questioni che sono comunque affrontate dai partiti.
Addio Lega per altri lidi. Ma ai vecchi capi storici, ai battaglieri consiglieri comunali e provinciali che andavano a stanare i barboni e i tossicodipendenti fotografandoli senza alcuna remora morale mentre dormivano all’addiaccio in qualche giardino pubblico o al riparo dal vento e dal gelo in qualche capannone dismesso, per poi sbatterli in prima pagina sui vari blog autogestiti e sui giornali locali con comunicati stampa di fuoco, a tutto questo oggi si è sostituito a Savona il fenomeno delle ronde. Per la verità nessuno le vede mai in città, ma i leghisti dicono di averle costituite e hanno atteso sino ad oggi l’approvazione del maxiemendamento governativo per ristabilire questi capannelli di persone che si autoproclamano giustizieri della notte e che vorrebbero affiancarsi – con un alto senso civico, dicono… – alle forze dell’ordine.

Sarà che forse ci credono poco anche loro, ma se si gira per le vie di Savona in piena notte, non c’è traccia di ronda, non c’è traccia di segugio padano alla ricerca del disagiato di turno da prendere come capro espiatorio per mostrare il pericolo che si corre a uscire da soli e, parimenti, la sicurezza che danno i leghisti con pettorina fluorescente.

Savona, città dal vecchio cuore rosso, città medaglia d’oro al Valor militare per la Resistenza, qualche anticorpo lo ha ancora e sa ignorare il dilagare delle proposte demagogiche, incostituzionali e anche, lo possiamo proprio dire, stupide di certi parlamentari che vorrebbero tutto controllare e tutto gestire all’ombra del securitarismo, ignorando i più elementari diritti sociali che sono stati guadagnati col sudore delle lotte in decenni e decenni di emancipazione culturale di un popolo che aveva subito i torti ventennali del fascismo.

Poco vicino a Savona, salendo su per l’Appennino e oltrepassandolo, si arriva in Val Bormida: terra di fabbriche un tempo, terra di crisi oggi. Terra di conquista per gli speculatori del cemento e per i facili liquidatori di impianti di produzione un tempo famosi nel mondo, come Ferrania.

Capitale” della valle dove scorre il Bormida è, per la parte ligure, Cairo Montenotte. Qui il leghismo negli ultimi mesi ha provato a fare proselitismi con un altro tema dal pieno sapore allarmistico: la scristianizzazione, l’invasione islamica e la richiesta della comunità musulmana di aprire un centro di culto dove potersi radunare e pregare.

Chi scrive non è cristiano, non è mussulmano, non è religioso in poche parole. Diciamo che essere agnostici razionalisti mette al riparo dall’accusa di partigianeria per chiunque, visto che l’unica etica a-religiosa non riconosciuta è proprio quella ateo-agnostica. Siccome il fenomeno religioso è, che lo si voglia o meno, parte della vita umana, di milioni e milioni di esseri umani, saltato questo presupposto, dato per scontato, il passaggio successivo è dato da quale confessione sia legittimo praticare su un territorio: vi ricordate anche qui il passato… “cuius regio, eius religio”. Gli eredi del Sacro Romano Impero di oggi parlano di “radici cristiane” e chiamano tutti gli europei ad un atto di fede verso il Cristianesimo, respingendo la nuova avanzata ottomana, i nuovi barbari pronti ad una nuova Lepanto.

Sembrerebbe un linguaggio troppo colorito e fumettistico anche per una serie di metafore, ma purtroppo non è così. Scorrete su Internet le gallerie storiche dei manifesti della Lega Nord… Ne vedrete delle belle. E tutto si mescola in un calderone di xenofobia che alza spauracchi di invasione islamica, di taglio delle radici storiche dei propri luoghi, delle proprie comunità abbarbicate attorno ai campanili.

Campanilismi, dunque. Campanilismi che attirano gli istinti di difesa, che fanno aprire le unghie anche a chi era mansueto e pacifico e disposto alla massima integrazione. Se tutto ciò che ci circonda è la paura, è il timore dello scippo, della violenza sessuale e dello stupro culturale, se questa serie di fobie si accalca nell’animo della gente semplice, che non è disposta per tempo e per cultura a fare approfondite analisi sociologico-politiche della fase in cui viviamo, allora cosa c’è di meglio che alimentarle con il “nemico” che è alle porte del proprio paese di valle: Cairo Montenotte è la terza cittadina della provincia di Savona. Qui la Liguria è già in odore di Piemonte, qui la linea del confine, il “limes” si fa sentire e la Lega gioca in casa: una moschea nel piccolo centro valbormidese? L’allarme diventa generale e le forze della sinistra che sono presenti sul territorio provano a rispondere all’isteria della sicurezza e al razzismo culturale: Rifondazione Comunista ha un circolo attrezzato, una discreta simpatia politica tra la popolazione. Ci prova a dire che lo scambio delle culture è solo ricchezza, è democrazia per la mente, per i neuroni. Ma l’attività cerebrale sembra azzerata davanti al semplicismo della Lega, davanti all’uniformità delle coscienze sulla base del pregiudizio.

Eh sì, tutto si gioca ancora una volta sul terreno del giudizio dato in assenza di prove, su una sentenza emanata senza alcun riscontro, ma che prende sempre la scorciatoia dell’esclusione e mai quella del confronto, del rapporto, della sinergia e del sostegno reciproco.

Anche qui, nella Valle del Bormida, dove tranquillo il fiumiciattolo scorre sino alle bellissime valli delle Langhe cuneesi e astigiane, anche qui il pregiudizio penetra nei crani come un cuneo di ferro, pesante, inamovibile e scardina le convinzioni, le sicurezze solidali di un tempo e le sostituisce con l’incertezza totalizzante del e sul futuro.

Terza scena: la piana di Albenga. L’estremo ponente savonese è da sempre la bestia nera della vecchia provincia rossa. Persino il Partito Comunista Italiano aveva difficoltà a governare queste zone. Parametrate con oggi e scoprirete che il regno dei ministri berlusconiani arriva fin qui e controlla i feudatari nei loro comuni, le scelte di politica locale le uniforma a quelle nazionali e quindi si parla di inceneritori, di porticcioli turistici ad ogni piè sospinto…

La via Aurelia, l’ex strada Statale numero 1, è lo specchio di una realtà in trasformazione: prima alla sera incontravi le prostitute lungo i tre, quattro chilometri che separano Ceriale da Albenga. Ora trovi gli sfruttati delle serre, dei campi della piana: sono marocchini, senegalesi, indiani, tutti che dopo ore e ore sotto il sole cocente prendono la strada di casa. I più fortunati hanno una bicicletta e arrivano prima nelle catapecchie dove vivono. I meno fortunati affrontano ancora questi chilometri prima di gettarsi su un materasso a riposare. Pochissimi hanno i soldi per prendere un autobus e, probabilmente, pochissimi ne hanno voglia: salire su un autobus vuol dire confrontarsi sempre con lo sguardo inquisitorio di noi italiani. C’è chi si sistema la borsa meglio per evitare un presunto scippo, c’è chi ridacchia e fa battute razziste, c’è chi si atteggia a superiore e prova a farti sentire peggio di come ci si sente sfruttati nel lavoro di un campo di pomodori o asparagi o carciofi.

Da Andora a Loano non c’è un manifesto che dica qualcosa di sinistra: ancora una volta ci prova Rifondazione Comunista. Ma prevalgono nettamente i cartelloni razzisti, le parole d’ordine della destra e gli imperativi categorici a salvarsi dall’immigrazione, dall’immigrato che, per una strana equazione delinquenziale e nemica dell’intelligenza, è sinonimo di reato, di reo. A prescindere dalla sua provenienza. Un migrante è povero, quindi deve rubare per vivere, quindi è – anche se non ha mai rubato e lavora nei campi e nelle serre tutto il giorno – un ladro in potenza.

Pazienza se non lo diventerà mai in atto. Al pensiero leghista non interessano i fatti, ma i presupposti, quindi ciò che viene supposto prima che accada, e i pregiudizi, quindi i giudizi dati prima che si sappia, che si conosca.

Ultimo tra gli episodi di xenofobia che spesso accadono nella zona, l’incendio appiccato ad una casa dove vivono dei migranti: pare che l’episodio scatenante sia stata una banale lite. Il fatto resta: un gruppo di italiani prende e dà fuoco alla casa degli stranieri. Rischiano di morire divorati dal fuoco. Solo il caso fa sì che non si arrivi ad una tragedia.

Povera tranquilla provincia di Savona, così tranquilla e così poco leghista. Ma sempre pronta a diventarlo…

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